Jacinta Arden ha deciso di lasciare il palcoscenico. Il sipario si è chiuso ha dato le dimissioni. Il Primo Ministro della Nuova Zelanda ha detto basta dopo cinque anni al potere. L’abbandono una virtù rara. I leader oggi spesso faticano ad abbracciare una visione di un’uscita dignitosa dalla vita politica quando viene il momento. La Arden, forse una mosca bianca, a differenza di altri politici che vanno avanti troppo a lungo, che sono costretti ad andarsene da colleghi ribelli, respinti dai loro stessi partiti, respinti dagli elettori, che rifiutano di ammettere di avere perso le elezioni, complottano perennemente per tornare o ricorrono all’autocrazia per aggrapparsi al potere. La sua autoconsapevolezza è un marchio per un politico che è diventato un’icona globale progressista mentre il populismo dell’ego in stile Donald Trump ha invaso il mondo. La sua leadership durante il Covid-19 e dopo le sparatorie di massa in due moschee hanno conquistato l’ammirazione anche lontano dalla Nuova Zelanda. Un cinico potrebbe obiettare che ha visto la scritta game over sul muro. La sua popolarità è diminuita e il suo partito è rimasto indietro nei sondaggi tra aumento della criminalità, alta inflazione, ma forse ci sarebbe stato tempo per organizzare un ritorno prima delle elezioni del prossimo mese di ottobre. Il prezzo del potere per la Arden, 42 anni, una figlia piccola, è stato arduo, sia per la giovane età che le molestie ricevute di essere donna. Ha deciso di lasciare, vuole una vita normale lontano dalle luci della ribalta, vuole crescere la figlia, sposare il suo compagno, passare del tempo con la famiglia e magari un altro figlio.
Tutte le vite politiche finiscono in un fallimento, perché questa è la natura della politica e delle vicende umane. Nel 1987 il Primo Ministro britannico Margaret Thatcher sperava – ancora e ancora – di andare avanti. Tre anni dopo è stata costretta a dimettersi da una rivolta nel suo stesso partito dopo anni al potere. Alcuni leader hanno la grazia dei limiti del mandato che prendono la decisione per loro. I Presidenti degli Stati Uniti Barack Obama, Bill Clinton e Ronald Reagan, ad esempio, hanno lasciato per avere raggiunto il massimo di due mandati. Altri hanno sofferto per il fatto che gli fosse stato detto di tornare a casa. Poi ci sono quelli che non vogliono andare, ma sono spinti o costretti ad andarsene dalle circostanze politiche.
La megalomania e la tirannia sono in agguato quando un leader inizia a considerarsi la personificazione delle proprie nazioni. Vladimir Putin ha effettivamente smantellato il sistema politico russo per esercitare il potere per due decenni. Il suo crescente isolamento e il senso della propria onnipotenza ora sembrano averlo portato a un’invasione non provocata che non solo ha devastato l’Ucraina, ma ha anche trasformato la Russia in un paria a livello internazionale. Il leader cinese Xi Jinping ha appena accettato un terzo mandato contro le norme. Il mondo sta guardando con preoccupazione la Cina mentre il loro leader diventa sempre più militarista man mano che rimane al potere. La Arden si è risparmiata l’umiliazione di restare oltre il suo tempo o di essere costretta ad andare da elettori scontenti, da colleghi ribelli. Nel suo discorso di dimissioni ha detto: “I politici sono umani. Diamo tutto ciò che possiamo il più a lungo possibile e poi è il momento”.
Tuttavia, in una democrazia la cosa più difficile non è conquistare il potere ma sapere quando cederlo. La democrazia da molti considerato il sistema ideale del buon governo disseminato da insuccessi. Probabilmente molte promesse non mantenute, ma in democrazia non ci possono essere due Stati. Il potere occulto che forse si nasconde per interessi di parte anche tra i servitori dello Stato deve essere trovato. Lo Stato è uno solo, quello della Costituzione, al di fuori non c’è che l’antistato che deve essere demolito cominciando dal tetto ed arrivare alle fondamenta.
Enzo Sossi