E' davvero singolare che l'unica cosa che venga in mente a una Fondazione, che di solito ha o dovrebbe avere una connotazione di salvaguardia e attenzione per il bene comune, la Società, l'Ambiente, insomma in una sola parola la Collettività, punti tutto sullo sfruttamento del territorio con esclusive finalità economiche (leggasi: rilancio post Covid-19). Nessuna novità rispetto a quanto fatto fino ad adesso, nessuna proposta alternativa, non mi azzardo a dire innovativa. Semplicemente continuare a spremere l’ambiente, sfruttare (in senso stretto) il patrimonio naturale e puntare tutto sulla resilienza degli ecosistemi non basta e non basterà.
Immaginare che l'apertura dell'Isola di Pianosa al diporto privato porti immediatamente un flusso turistico "di qualità" diventa addirittura esilarante, ancorché drammatico. Evito di includere Montecristo nel ragionamento (Zona Protezione Speciale [ZPS], Zona Speciale di Conservazione [ZSC], come Pianosa del resto), per non urtare le sensibilità altrui. Sarebbe un po’ come se da domattina il Comune di Portoferraio dichiarasse: fate a Le Ghiaie ciò che volete, dopo che dal 1971 l’area è riserva di tutela biologica (e si vede).
Ma torniamo a Pianosa. Immaginate ora migliaia, questi sono i numeri, di imbarcazioni (per convenzione li chiameremo yacht), che costellerebbero le acque intorno all'Isola (entro un miglio, ergo a 200 m dalla linea di costa, - nessuno, potendo accedere entro il miglio nautico rimarrebbe a 1,2 km di distanza ), ogni giorno, tutti i giorni.
Non solo, i suddetti yacht, secondo la proposta, potrebbero riversare a terra indiscriminatamente (evitiamo di immaginare cosa potrebbero riversare a mare) centinaia/migliaia di persone sui litorali (intatti) dell'Isola del Diavolo (entro 20/30 m però). Tralascio l'impatto mostruoso degli ancoraggi ripetuti sui fondali (quasi vergini) e voglio addirittura immaginare che tutti avrebbero una profondissima coscienza ambientale al punto tale da portare via tutti i rifiuti, fino all'ultima carta stagnola ed eviterebbero, perché assai coscienziosi, di svolgere qualunque forma di attività di pesca illecita, anche quella subacquea (magari con le bombole) in un mare dove i pesci conoscono l'uomo troppo poco per non potersi fidare.
Invece chiedo: questo è quello che dopo anni, anni e ancora anni di utilizzo del patrimonio naturale in maniera indiscriminata e per fini esclusivamente turistici, viene concepito per rilanciare il turismo all’Elba?
E’ possibile pensare che la strada indicata dalla Fondazione sia davvero l’unica possibile? Impegnare i cosiddetti “gioielli di famiglia” con il rischio (lecito) di perderli per sempre? Non basta più l’Elba (ove occorrerebbe davvero pensare a un piano di gestione a mare davvero efficace per tutelare un ambiente che si sta progressivamente deteriorando, magari con un’AMP seria e funzionante), ora lo sguardo si allunga su altre isole perché più intatte, più integre, perché più belle, più attraenti e soprattutto ancora da sfruttare. Mi dispiace dirlo (mica tanto), ma il processo di “ELBIZZAZIONE” di Pianosa e Montecristo è pura follia.
Si pensava di uscirne migliori dal Covid-19, è bastato riaprire tutto per rendersi conto che non sarà così e che NON ANDRA’ TUTTO BENE.
Nicola Nurra






